Il dietro le quinte di Precious Flavours, un progetto dello chef Lorenzo Cogo per FOPE
Sin dalla sua fondazione, nel 1929, quando Umberto Cazzola aprì un laboratorio artigianale di oreficeria con una ventina di dipendenti, FOPE ha fatto dell’innovazione tecnologica e della creatività i suoi tratti distintivi. Un mix di tradizione e modernizzazione, dunque, a cui si accompagna da diversi anni un interesse particolare per altre forme di espressione creativa come la fotografia, il design, la cucina. Tutte discipline che possono offrire un racconto trasversale della quotidianità e influire significativamente sulle nostre abitudini. Da questa idea di continua contaminazione e dialogo nasce il progetto #FOPElab, un viaggio nel viaggio in compagnia di alcuni giovani talenti italiani, tra cui lo chef vicentino Lorenzo Cogo, che nell’ambito della campagna Everyday Journey reinterpreta in chiave gastronomica i gioielli delle collezioni FOPE.
Vicentino, classe 1986, Cogo si è formato come cuoco in alcuni dei migliori ristoranti del mondo, tra cui il Vue du Monde di Melbourne, il Ryugin di Tolyo e The Fat Duck di Londra. A lungo globe-trotter dell’alta gastronomia, Lorenzo ha ricevuto la prestigiosa stella Michelin a soli 25 anni. Nella sua cucina istintiva convivono così la tradizione veneta e le influenze culinarie raccolte durante le numerose esperienze all’estero. Proprio per questa fusione tra locale e internazionale FOPE ha invitato Lorenzo a realizzare 18 piatti inediti ispirati alle immagini della campagna 2021/22 Everyday Journey.
Marilisa Teatini Cazzola, Chief Marketing Officer e membro del Consiglio di Amministrazione FOPE, dialoga con lui su questo suggestivo connubio tra gioielli e alta cucina.
Marilisa Teatini Cazzola: Quando abbiamo cominciato a immaginare questa collaborazione, uno dei punti di contatto che sono emersi tra la nostra azienda e la tua cucina è stato lo spiccato rapporto dialettico tra tradizione e innovazione. Anche tu sei partito da Vicenza, dalla gastronomia vicentina, e sei riuscito a trovare un equilibrio tra le materie prime locali e i diversi stili di cucina incontrati nel mondo. FOPE ha fatto più o meno la stessa cosa con i suoi gioielli: una generazione dopo l’altra ha saputo portare avanti i valori estetici dell’artigianato italiano, introducendoli in un contesto internazionale con l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia. Qualcuno potrebbe pensare che ogni nuova generazione alla guida di un’azienda, sia che produca gioielli o che operi nel settore food, apporti inevitabilmente qualcosa di nuovo. Eppure non è così scontato: sono le persone a creare il cambiamento, e spesso per cambiare occorre spostarsi fisicamente, scoprire cosa c’è altrove, insomma viaggiare…
Lorenzo Cogo: È difficile mettere a confronto il percorso di FOPE con la mia storia professionale, d’altronde i vostri prodotti sono ben riconoscibili, penso ad esempio alla maglia Novecento, che è conosciuta in tutto il mondo. Sicuramente anch’io sono andato oltre la tradizione, visto che la mia famiglia gestisce una trattoria nel vicentino che propone piatti tipici. Ciò che a mio parere ci accomuna di più è però la tendenza a ricercare l’essenziale, rinunciando al superfluo, ma anche la grande attenzione per il dettaglio. Credo di essere una persona genuina, poco costruita, e questa genuinità l’ho ritrovata nei gioielli FOPE. La mia cucina è diretta, spontanea, senza fronzoli. Per questo mi sono divertito a reinterpretare con il mio linguaggio le vostre collezioni. E poi il tema del viaggio mi è da sempre molto caro.
MTC: Qui veniamo a un altro aspetto importante di questa collaborazione. Il viaggio è il tema centrale di Everyday Journey, la campagna FOPE per il biennio 2021/22, ma rappresenta anche un elemento fondamentale della tua cucina, potremmo dire una sorta di cifra stilistica. Il viaggio è scoperta, incontro con altre culture, contaminazione. È questa l’idea della nostra campagna: i gioielli FOPE consentono di esprimere liberamente la propria identità e la propria cultura, ma anche di allontanarsene, insomma di sperimentare nuove combinazioni estetiche. Che ruolo hanno avuto le esperienze all’estero nella ricerca del tuo linguaggio gastronomico?
LC: Ho avuto la fortuna e la lungimiranza di andare all’estero quando ero ancora molto giovane. In Australia mi sono confrontato con un modo di fare cucina per me assolutamente nuovo, lavorando in ristoranti stellati con una visione innovativa e coraggiosa. Questo mi ha permesso di sviluppare al meglio le mie capacità, di trovare i miei punti di forza in termini espressivi. Da quel momento ho capito che per me viaggiare è fondamentale. Non soltanto mi offre l’occasione di accrescere la mia “dispensa mentale”, cioè gli ingredienti che ho a disposizione per creare un piatto, ma anche la possibilità di entrare in contatto con culture diverse, e così di riuscire ad apprezzare di più la mia. Inoltre mi ha dato una marcia in più rispetto a un certo tipo di ristorazione un po’ conservatrice che spesso si trova in Italia.
MTC: La tecnologia ha avuto un ruolo determinante nella storia di FOPE. L’utilizzo di strumenti tecnologici all’avanguardia è indispensabile per affinare le tecniche di produzione e realizzare gioielli curati nei minimi dettagli. Basti pensare alla maglia Novecento, ormai divenuta una vera icona del brand. In effetti, a pensarci bene, i nostri gioielli sono più “tecnici” che “romantici” in senso classico. Anche nell’alta cucina la tecnologia ha assunto un ruolo sempre più rilevante. È così anche per te?
LC: Mi sono formato negli anni della cucina molecolare, quando la tecnologia veniva prima di tutto, a volte anche prima del gusto. Ho avuto la possibilità di lavorare in uno dei migliori ristoranti del mondo, dove il divertimento e la tecnologia applicata erano gli aspetti più importanti, e riconosco il fascino di questo approccio. Negli ultimi anni però me ne sono allontanato, tant’è vero che adesso la mia tecnica preferita è la brace, che io considero addirittura un ingrediente. La mia cucina è diventata più casalinga, accogliente, artigianale. I piatti con cui ho reinterpretato le collezioni FOPE vogliono trasmettere proprio questo senso di artigianalità, riproducendo le forme e le atmosfere evocate dai vostri gioielli.
MTC: Un altro punto di contatto tra la storia aziendale di FOPE e il tuo percorso professionale è sicuramente la grande capacità di rinnovamento. Sapersi reinventare è una condizione determinante per stare al passo con i tempi e proporre qualcosa di moderno, tanto nella gioielleria quanto nella gastronomia di alto livello. Penso ad alcuni momenti decisivi per la nostra azienda, e in particolare agli anni Settanta, con il passaggio dalla manifattura di cinturini e casse per orologi in oro alla produzione di gioielli dalle caratteristiche tecniche innovative. In che modo ti sei saputo reinventare nelle diverse fasi della tua carriera?
LC: Sono una persona che ha costantemente bisogno di nuovi stimoli, di nuove sfide. Per me è sempre stato indispensabile immergermi in contesti differenti, cercare ispirazione in ambienti diversi dalla gastronomia, scoprire connessioni con altri paesi, altre culture. Nel mio percorso ci sono stati cambiamenti a volte anche radicali, ma sempre dettati dalla necessità di rinnovarmi e di fare qualcosa di più divertente. Paradossalmente la pandemia è stata una grande opportunità per ricominciare da capo e rimettermi in gioco, mi ha convinto a riportare la cucina a una delle sue funzioni principali: mettere in relazione le persone. Per uno chef non è affatto semplice rinunciare a una stella Michelin, eppure credo che le vere opportunità non siano legate ai riconoscimenti ufficiali, ma si possano trovare ascoltando il proprio istinto, dandosi da fare. Da questo punto di vista i nostri cammini sono simili: entrambi abbiamo cercato la nostra dimensione.
MTC: La campagna Everyday Journey ruota intorno al tema del viaggio, può essere considerata un invito a esplorare nel quotidiano canoni estetici provenienti da altre culture e tradizioni. FOPE ha sempre saputo coniugare questa apertura verso il mondo con una grande attenzione per il nostro territorio: per Vicenza, dove l’azienda è stata fondata e ha tuttora la sua sede principale, e per Venezia, città in cui in cui nel 2015, nell’iconica piazza San Marco, abbiamo aperto la nostra prima boutique. La Serenissima rappresenta perfettamente lo spirito di FOPE, una miscela di tradizione e cosmopolitismo. Anche per te il Veneto, e soprattutto Venezia, hanno un significato speciale, non a caso è lì che hai aperto un nuovo ristorante. Insomma, dopo tanto viaggiare, alla fine si ritorna sempre a casa…
LC: Per me Venezia è la città più bella del mondo, quella con cui ho il più grande feeling in assoluto. Devo ammettere che prima di aprire Dama [il ristorante veneziano di Cogo, N.d.R.] non la conoscevo così bene, ci andavo forse due o tre volte all’anno, non ero abituato a viverla. Dal punto di vista creativo è un luogo davvero stimolante, forse il più stimolante di tutti, e che ora sto scoprendo a poco a poco. In un certo senso la mia ricerca gastronomica va di pari passo con la scoperta della città. E poi Venezia è senza dubbio parte del mio patrimonio culturale, delle mie radici storiche, un riferimento costante e imprescindibile anche in cucina. Nella mia reinterpretazione delle collezioni FOPE si possono trovare evidenti richiami alla tradizione veneta, in alcuni casi attraverso gli ingredienti utilizzati, in altri invece si tratta di allusioni più esplicite a piatti tipici della nostra regione. D’altronde, la mia cucina è stata sempre contraddistinta da una continua contaminazione tra gastronomia locale e internazionale. Per questo sono contento di portare le suggestioni che ho raccolto all’estero in un nuovo progetto qui in Veneto.